con Filippo Fossa, Massimo Lazzeri e Adele Pardi
luci di Stefano Mazzanti
scene di Andrea Coppi
musiche di Adele Pardi e della tradizione ebraica
drammaturgia di Filippo Fossa e Massimo Lazzeri
regia di Massimo Lazzeri
L’IDEA
È l’aprile del 1944. Due ebrei slovacchi, Rudolf Vrba e Alfréd Wetzler, riescono a fuggire dal lager di Auschwitz-Birkenau e dettano ai capi della comunità ebraica un rapporto dettagliato e preciso sullo sterminio e sul folle progetto della “soluzione finale”, nella speranza di arrestare i terribili piani di Adolf Eichmann. La storia seguì un corso diverso e i treni carichi di deportati continuarono a viaggiare, portando centinaia di migliaia di persone verso le camere a gas.
Prendendo spunto dagli scritti degli stessi Vrba e Wetzler, in particolare da “I protocolli di Auschwitz”, lo spettacolo veicola informazioni rigorose dal punto di vista storico, ma soprattutto racconta la storia di un’avventura verso la sopravvivenza e, oltre, verso la testimonianza di orrori che non si possono raccontare. Si devono raccontare. La storia di due ragazzi, uguale a quella di milioni di altri esseri umani, dei sogni che non sono diventati realtà e della realtà che è diventata incubo, ma soprattutto della speranza che, attraverso la loro fuga e la loro parola, troverà a sua volta una strada per manifestarsi.
I PROTAGONISTI DELLA STORIA
Rudolf Vrba fu deportato dalla Slovacchia il 14 giugno del 1942, all'età di 18 anni. Giunto ad Auschwitz, gli venne assegnato il ruolo di raccolta dei “dati personali” degli altri prigionieri. Assistere alla morte atroce cui venivano destinati uomini, donne e bambini innocenti sconvolse il giovane prigioniero. Vrba decise di scrivere in segreto un rapporto, che riportasse la numerazione progressiva dei contingenti di prigionieri che arrivavano al campo, le statistiche dettagliate dei morti, la nazione di provenienza. Poi, a partire dall'inizio del 1944, cominciò ad elaborare un piano di fuga per portare a conoscenza dei governi europei il terribile massacro che il regime nazista stava perpetrando «su scala industriale».
Il 7 aprile 1944 Rudolf scappò insieme ad Alfréd ("Fred") Wetzler. Dopo una fuga a piedi di quasi tre settimane, durante la quale i due fuggiaschi rischiarono più volte di essere catturati, giunsero salvi in madrepatria.
“I PROTOCOLLI DI AUSCHWITZ”
Il “rapporto Vrba-Wetzler” iniziò a circolare tra il 27 e il 28 aprile 1944. La speranza di Vrba era che gli ebrei ungheresi si rivoltassero contro le SS prima che fossero caricati sui treni della morte. I leader ebrei magiari si mossero in ritardo. Comunque, del milione di persone destinate alle camere a gas, ne morirono «soltanto» 400.000.
Essendo stato scritto nell'aprile 1944, “I protocolli di Auschwitz” è il primo documento in assoluto sui campi di concentramento nazisti.
LA DRAMMATURGIA E LE MODALITÀ DI MESSA IN SCENA
La drammaturgia prende ispirazione dal racconto scritto in forma autobiografica da Rudolf Vrba, creando una situazione veritiera e cercando di sottolineare la tensione, le paure, le speranze dei due giovani ebrei slovacchi.
Viene però lasciato ampio spazio alla teatralità: in scena due attori e un’attrice, con violoncello, melodica e percussioni. Tutti e tre recitano, cantano e suonano: i due attori interpretano il ruolo dei due amici, che progettano e attuano la loro fuga e che raccontano ai rabbini gli orrori del lager. L’attrice è la fidanzata di uno dei due, ma rappresenta anche un personaggio “altro”, che è al di fuori e al di sopra, e che, con il violoncello e la voce, sottolinea i momenti di paura, scandisce il ritmo delle frustate e i passi della fuga, descrive i passaggi di tempo e di luogo.
La musica e l'autoironia sono due ingredienti fondamentali della cultura ebraica, e lo sono anche di questo spettacolo: un flashback porta i due attori e l'attrice in un atmosfera da cabaret, in un caffè di Bratislava in cui loro suonano, cantano e raccontano storielle divertenti.
Ecco quindi che narrazione, recitazione e musica si sovrappongono, si intrecciano e creano una ritmata e incalzante atmosfera di suspance.
Luci e suoni, parole e note, strumenti musicali e voci si fondono, per essere testimonianza del passato e messaggio di pace per il futuro.
Destinatari: lo spettacolo è adatto ad un pubblico adulto ed anche, visto il tema trattato e le modalità di rappresentazione, ai ragazzi delle classi III della scuola secondaria di primo grado e della scuola secondaria di secondo grado
Durata: 1 ora e 10 minuti
Tecniche utilizzate: teatro d'attore, canzoni, musiche, suoni e rumori di scena interamente eseguiti dal vivo